Ma in amore serve la testa?

 

Quando mi innamoro non capisco più niente poi inizio a vedere cose dell’altro che io non vedevo ma ho già fatto delle grandi stronzate quando lo capisco.”

 

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L’ innamoramento non è l’amore.

L’innamoramento da un punto di vista evolutivo ha la funzione di attrarre due persone per portarle all’accoppiamento. E’ un meccanismo arcaico che si è mantenuto nell’evoluzione umana per garantire la continuità della specie  (attenzione il mio non è un invito alla procreazione nella fase dell’innamoramento, arrivate in fondo all’articolo!!).

La chimica gioca un ruolo fondamentale: si attivano tutta una serie di sostanze ormoni e neurotrasmettitori che rendono l’innamoramento molto simile alla dipendenza da sostanze con ad esempio grande desiderio sessuale, bisogno impellente dell’altro, attivazione psicofisica, idealizzazione, il vedere dell’altro ciò che vuoi vedere, tutto rose e fiori e la sensazione di volare tre metri sopra il cielo. Dopamina, noradrenalina e feniletilamina a fiumi che poi nel passaggio all’amore vengono in parte sostituiti da altre sostanze soprattutto ossitocina nella donna e vasopressina nell’uomo che danno stabilità al legame e un appagamento diverso che nasce dalla cura verso l’altro più che dall’aspetto adrenalinico.

L’innamoramento è una fase vissuta e descritta spesso  come una sorta di vacanza dal principio di realtà ma mi piace pensarla anche come fase in cui invece si ha la possibilità di vedere ciò che potrebbe proseguire nell’amore. Perché nell’innamoramento siamo portati a dare il meglio di noi, a pensare che tutto sia possibile, non solo perché vogliamo conquistare l’altro ma perché l’amore è apertura, vita, quindi ti fa tirare fuori tutta la tua vitalità come dice l’esperto Montanari. Ma se l’innamoramento fosse una condizione fondamentale nella coppia non ci sarebbero coppie che durano o ci sarebbero solo coppie che vanno avanti per paura di stare da sole o di lasciarsi. Perchè questa fase finisce, per qualcuno dopo 6-8 mesi, qualcuno dice fino ai 2 anni, credo non esista una regola valida per tutti, dipende anche da ogni singola coppia, i suoi ritmi, e dagli individui che la compongono.

Cosa intendo dire con questo? Due cose.

La prima che la vera sfida sta nel fatto di continuare a remare e spingere avanti la barca anche quando il vento dell’innamoramento inizia a cessare, perchè gli amori possono continuare a essere interessanti ( sto preparando  un corso per chi interessato dove tratterò questi argomenti nel concreto per capire come continuare a far soffiare il vento) la seconda  su cui voglio soffermarmi è la domanda che mi ha posto questa persona…  rispondo cosi…  attenzione alle scelte fatte sull’onda del momento basate solo sull’emozione!

Questa persona è reduce dal l’ennesima convivenza iniziata dopo 5 mesi e finita in 10 di mesi! Con tutta una serie di conseguenze legate al fatto che stavolta la persona con cui si è legata aveva già figli, quindi le conseguenze sono state un pò diverse dato che spezzare quel legame è stato più difficile essendosi lei legata a questi bambini.

Che dire? 

Io sono una grande fan delle emozioni.  Le emozioni ci spingono all’azione e quindi sono dei motori fondamentali, ma l’emozione per essere davvero utile come bussola non può non prendere in considerazione anche il cervello, la parte razionale, logica.

Come già affermato settimana scorsa sicuramente quando si diventa grandi non si aspettano magari anni e anni per una convivenza, il matrimonio o i figli, credo però che fare delle scelte importanti dopo pochi mesi sia veramente pericoloso, e si rischia di trovarsi pentiti.  

Le scelte importanti sono soggettive (come sempre non c’è un metro universale in queste cose ) ma credo ce ne siano alcune più o meno condivisibili,  ad esempio quelle dove ci vanno di mezzo terzi non responsabili, come presentare dei figli se si tratta di coppie separate, o scegliere subito di fare figli, ma anche le scelte che implicano progetti a lungo termine come convivenze o matrimoni.

Sicuramente la progettualità già all’inizio di una relazione è un indicatore positivo di interesse reale, ma deve essere una progettualità che ha senso con il momento che si sta vivendo quindi se frequenti una persona da tre mesi progettualità può essere programmare insieme un weekend o accordarsi su quando vedersi nella settimana, scegliere di andare al cinema insieme e decidere quale film vedere. 

Questo per due ragioni:  perché appunto come dicevo prima quando siamo innamorati siamo veramente un pò ciechi, quindi rischiamo di fare scelte utilizzando solo la parte più istintiva, emotiva e che ci fa vedere tutto edulcorato, due perché se una persona dopo pochi mesi è già dell’idea di fare dei passi così importanti forse lo sta facendo più per bisogno che per reale scelta e desiderio di voler fare quella cosa proprio con quella persona.  

Esempio calato in questa situazione… il tuo bisogno è quello di avere a fianco qualcuno e di realizzare il tuo progetto/desiderio di famiglia. Allora se scegli solo sulla base del bisogno non importa con chi lo realizzi purchè lo realizzi. E questo è mooolto pericoloso.  Rischi di usare seppur magari in modo inconsapevole l’altro come un mezzo per un fine/bisogno personale. E ritrovarti poi comunque infelice dato che la scelta di chi avere a fianco direi che fa la differenza! Un pò come se immaginiamo di avere tanta tanta fame, arriviamo in cucina e probabilmente non ci mettiamo a scegliere cosa mangiare, prendiamo la prima cosa commestibile per placare i morsi della fame. Senza chiederci di cosa abbiamo davvero voglia o cosa ci piace, cosa ci fa bene. 

Scelta? Scusa ma l’amore non è quella cosa dove due si incontrano, scatta la scintilla poi lui va da lei, la corteggia, e vissero per sempre felici e contenti?

Ecco attenzione a quanto i film, i cartoni animati ci hanno condizionato! Si perchè non è vero che l’amore succede, capita, è tutta magia l’amore è anche scelta. Scelta che puoi fare solo quando hai chiaro chi sei e cosa vuoi. Poi si nell’amore ci sta bene un pizzico di follia! Ci deve essere una parte irrazionale, dove agisci di pancia, travolto anche dalla magia dell’amore! Quella parte che magari ti fa partire la sera tardi solo per poter vedere quella persona. O ti fa fare sorprese inaspettate, ti fa fa fare quelle pazzie che sono parte dell’amore!

Ci deve essere il cuore altrimenti diventa qualcosa di freddo, calcolato ma ci deve essere anche la testa. Con questo non voglio dire che dobbiamo avere delle certezze assolute per muovere dei passi, se stiamo ad aspettare che tutto sia perfetto non faremo mai niente… Ma prima di scegliersi e di fare dei passi importanti è fondamentale conoscersi,  capire ad esempio quale attrazione mi spinge verso l’altro (già esistono tanti tipi di attrazione!), se davvero l’altro è la persona che “sta bene” al mio fianco, se ci sono valori simili e visioni simili della vita. 

L’amore richiede tempo, autostima e conoscenza, di se stessi e dell’altro.  

 

Tra-dire e fare… si può dire di amare?

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Due sono le affermazioni che ho impresse nella mente pensando a tale argomento, “la fiducia ha dentro il seme del tradimento” (Hillesum), “spesso chi tradisce è quello che ama di più” (Sibaldi).

Premessa doverosa: argomento alquanto delicato, spesso carico di sofferenza, per tutti, e dove ogni giudizio di carattere etico e morale andrebbe sospeso ( l’etica  e la morale sono qualcosa di estremamente personale) e dove ogni storia qui più che mai è a se’, difficile se non impossibile pensare di poter trovare significati universali.

Detto questo ci sono comunque alcuni aspetti su cui secondo me vale la pena riflettere magari per far almeno traballare qualche strato di pregiudizio verso questo argomento a cui mi riferirò non parlando di traditori “seriali”, di chi sistematicamente utilizza il tradimento per soddisfare i propri bisogni, il proprio piacere, o anche per fare del male, più per questioni di ego e forse potere insomma, ma parlo di quelle situazioni dove in una relazione entra questo evento, il tradimento, che scuote.

 – Lo si fa in tre. Chi lascia la porta aperta, chi sceglie di entrare in una casa abitata, e chi continua a chiudere le finestre per non vedere il panorama.

So che può suonare forte come frase, frase che non dico solo da terapeuta ma anche da persona che certe cose dolorose le ha vissute come tanti del resto, ma davvero se cerchiamo di sospendere il giudizio, con tutta l’empatia e la comprensione umana del mondo per chi è stato ferito dal tradimento … puntare il dito sull’amante non serve. Vederla/o come la stronzissima donna o stronzissimo uomo che con magici trucchi ha traviato l’altro, sedotto, manipolato, è solo un modo per non guardare dentro la propria coppia e se stessi.  Non esiste relazione felice dove un terzo possa entrare, se un terzo entra è perché tu glielo permetti. E se proprio per  uno che manipola c’è uno che si lascia manipolare.

– Si tende a colpevolizzare l’amante e chi tradisce e a vedere come vittima il tradito. Ma c’è sempre e dico sempre una responsabilità condivisa anche se non necessariamente al 50 e 50. Non sto giustificando, ma credo che come tutte le esperienze il tradimento possa avere qualcosa di fecondo, chi lo agisce può capire che non è una una vera soluzione magari, riconoscere ciò che ha fatto, il dolore che ha generato nel mancare di rispetto all’altro, è questo non per massacrarsi di sensi di colpa ma cercando di dargli un senso e agire in una certa direzione, che sia ricostruire che sia cambiare strada, che sia capire perché hai scelto quel modo per affrontare qualcosa che non va, chi è nel ruolo dell’amante può trarne molti insegnamenti su se stesso (che meriterebbero un articolo a sè qui mi dilungherei troppo), chi ha subito può comprendere che già delle crepe c’erano o trovarsi a fare i conti col tema della fiducia, del perdono, del cambiamento, dell’abbandono. Questa credo sia una delle cose più difficili, perchè quando soffriamo siamo più portati a cercare un colpevole, un capro espiatorio, l’amante appunto, e a guardare solo all’altro, il traditore, a quello che ci ha fatto e ci dimentichiamo di guardare a noi stessi, alle nostre responsabilità. Sebbene ripeto  con tutto il diritto del mondo di sentire il dolore. Ma è solo guardando a noi stessi  che una ferita può trasformarsi in dolore evolutivo.

– Già, le cose cambiano, in una coppia soprattutto quando si è formata giovane,  è ancora più probabile che ci si trasformi profondamente come persone, perchè l’identità si sta definendo, come si cambia lavoro, cambiano valori, desideri, bisogni, amicizie e quindi  può cambiare anche il tipo di persona che vogliamo al nostro fianco. Poi a volte si riesce a crescere insieme e insieme evolvere, altre volte no, uno dei due cambia il passo, si gira e l’altro è rimasto molto indietro, troppo indietro, la distanza non è più colmabile.  Per le coppie più navigate il discorso è un pò diverso (a volte ma non sempre dato che siamo sempre in cambiamento), ma molto dipende da come ci si cura della coppia e da come abbiamo scelto chi abbiamo a fianco (questo lo affronterò in un altro articolo e nel corso “sull’amore” che sto preparando). Ma torniamo a noi… E’ la vita che è fatta così,  di cambiamenti, inutile volersi opporre a tutti i costi o voler tenere qualcuno a tutti i costi in modo più o meno esplicito, facendolo anche sentire in colpa tra l’altro.

– E cosi c’è chi tradisce, perchè magari in quel momento non trova altra modalità per uscire da una relazione che è già al capolinea e il tradimento è il timbro definitivo di quella realtà, oppure con quel gesto sta dicendo a gran voce al partner che c’è qualcosa da sistemare nella coppia. Se ci pensate bene … cosa vi ha spinto a fare grandi cambiamenti nella vita? Di solito sono le emozioni. La razionalità ci fa pensare ma ciò che spinge ad agire e cambiare sono le emozioni.

– Certo in un mondo ideale (la mia speranza ma anche una delle cose in cui credo e per cui lotto è proprio aiutare le persone a comprendere quanto il confronto, il dialogo anche nella diversità delle posizioni siano fecondi di  possibilità) succederebbe che chi sente la spinta a tradire arrivi a dire all’altro: “ Mi spiace ma io sento questa spinta, che facciamo ora?”. Ma siamo umani, e magari a questa modalità ci potremo anche arrivare ma magari per arrivare lì bisogna passare anche dall’esperienza del tradire. Dell’essere traditi. Dell’essere amanti. E sapere che di là c’è qualcuno che sopravviverà nonostante gli stiamo dicendo che forse qualcosa si è rotto, non è certo facile, vorremmo sempre preservare gli altri a noi cari dallo star male. Ma è anche questo inevitabile nella vita, se scegli  è  probabile che qualcuno lo scontenterai ( non so se esiste questo verbo in italiano ma rende l’idea). Eppure chi tradisce dice Sibaldi, spesso è chi ama di più. So che ora la valanga di insulti si è fatta più grande, io ho fatto tanta fatica a cogliere il senso di questa frase, però in effetti chi arriva a tradire probabilmente sta combattendo con i propri sensi di colpa, con  tutta la schiera dei giudici interiori, con il giudizio della gente, con la sofferenza che una separazione porterà e molto spesso con qualcuno che dall’altra parte non vuole vedere come stanno le cose. Ma chi tradisce vuole tornare alla vita. Con o senza l’altro. E cosa più del desiderio di vita è amore? Certo l’ideale ripeto è poi crescere da qui, dare significato.

– Chi tradisce non ce l’ha con l’altro. Spesso si resta nell’ambivalenza anche per questo, non si sente rabbia, odio verso l’altro ma comunque si tradisce. E allora si va in crisi. Non si sta cosi male da lasciare ma nemmeno cosi bene da sentirsi pienamente appagati e rimanere solo lì. Allora è bene comprendere che chi tradisce sta dicendo qualcosa non all’altro ma alla coppia, “non sto tradendo te ma noi, il problema non sei tu ma siamo noi, la nostra coppia, io non ce l’ho con te, non ti odio, non c’è niente che non vada in te ma siamo noi che non ci amalgamiamo più come prima”.  Il punto è che ci sono ruoli nella vita da cui dobbiamo passare per poi capire se ci appartengono o no, se ci piacciono o no e nessuno ripeto nessuno può giudicare l’altro senza aver prima vestito i suoi panni.

– Questo non vuol dire non riconoscere la sofferenza di chi viene tradito, anzi chi viene tradito è chiamato a sua volta a grandi compiti, aprire quelle finestre tenute chiuse e guardare il panorama, a volte riconsegnare le chiavi di casa, a volte cambiare la serratura, e poi superare il tradimento per far sì che quella ferita non resti aperta, che se resti fissato nel trauma ti tagli fuori dalla vita, rischi di isolarti nella vendetta, nel rancore, nella sfiducia totale verso te e l’altro o per un meccanismo di ipercompensazione nella ricerca di una relazione perfetta, dove tutto è sotto controllo,  con manie di controllo e promesse assurde di fedeltà.

In ogni caso… Senza dare un senso a ciò che è accaduto non si può andare avanti, non si può risorgere.

E come sempre è vero che non possiamo controllare certe cose ma abbiamo sempre la possibilità di scegliere come reagire a ciò che al controllo sfugge.

Ma ad ogni modo tra il dire e il fare… c’è di mezzo il mare.

Sei spontaneo? Non è detto che tu sia autentico!

 

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Discorsi con amici sulla figura dello psicologo, “che se vai dallo psicologo poi diventi pesante, stai a pensare a ogni cosa che fai, analizzi tutto, perdi spontaneità”.

Si ok lavorare su se stessi significa sbriciolare un po’ le torte per capire di cosa sono fatte, annusare, toccare, vedere e non semplicemente mangiare.

Si ok a volte l’eccesso di mente diventa un meccanismo di difesa, il pensare non deve diventare una razionalizzazione eccessiva o un blocco alle azioni necessarie da fare nella vita.

Ma diciamocelo… che sia da uno psicologo, che sia meditando, che sia leggendo, che sia frequentando gruppi e confrontandosi con gli altri, o in mille altri modi possibili, tutti per essere anime in evoluzione, che si muovono con consapevolezza e seguendo il proprio dharma, la propria mission, i propri valori, dovremmo cercare di conoscerci per capire da cosa siamo mossi quando agiamo, parliamo, decidiamo, facciamo delle cose.

Ok lo psicologo sbriciola le torte, ma tutti dovremmo imparare a chiederci quando ci muoviamo che cosa ci sta muovendo? 

“Si certo ma se per ogni cosa che devi fare ci pensi perdi spontaneità”.

Come sempre la via sta nel mezzo, non siamo solo fatti di istinti e impulsi ma nemmeno macchine che tutto programmano, ciò non toglie che è bene imparare a interrogarsi. Non sempre spontaneità coincide con autenticità, magari quella tu chiami spontaneità e pensi sia riflesso della tua autenticità è invece l’insieme di schemi appresi nel tempo, abitudini ormai radicate, o impulsi non elaborati, o ancora ciò che hai appreso dai tuoi genitori o anche l’opposto di ciò che avrebbero fatto i tuoi genitori per uno schema di controdipendenza da loro che però di fatto è sempre un vincolo, non stai scegliendo nella libertà.

E ripeto la psicoterapia è solo uno degli strumenti per elaborare, ad esempio attraverso i sogni che svelano occultando, strumento che l’inconscio sceglie per farti vedere cose che non vuoi vedere.

Oppure il confronto con gli altri, quando ad esempio qualcuno cui racconti qualcosa ti fa notare che non gli torna rispetto alla realtà dei fatti e tu magari ne sei anche infastidito proprio perchè qualcosa ha centrato.

Quindi in realtà rielaborare è un modo per dare significato ai vissuti, e dare seignificato  permette davvero di riappropriarsi di sé e diventare autentici! Trovare la propria identità.  Altrimenti come dice Montanari  si rischia di assorbire i significati che ci hanno dato gli altri e di non trovare il proprio. Egli citando Heidegger dice che l’autenticità “è il movimento di chi si appropria della propria identità più propria”.  Quindi l’autenticità non è la spontaneità. Il fatto che sia qualcosa di cui ci si appropria indica che non è un qualcosa che è già lì pronto, ma è l’esito di un’elaborazione, di un lavoro.  Elaborazione che ti permette di passare da ciò che è spontaneo a ciò che ti è proprio e che è un lavoro necessario proprio perchè non possiamo non contemplare la complessità della psiche.

Ecco perchè sono fortemente a favore di tutti quei percorsi che già a partire dalle scuole danno spazio a percorsi sull’alfabetizzazione emotiva, dove si apre lo spazio all’intelligenza emotiva e quindi alla conoscenza di sè. E quando lo psicologo sarà una figura cui si può accedere con la stessa naturalezza con cui si accede al medico di base sarà stato fatto un grande passo verso l’autenticità!

Dottoressa secondo lei ho paura di amare?

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Questa la domanda che una persona mi ha rivolto chiedendomi di iniziare un percorso per fare chiarezza sulle sue incessanti relazioni fallimentari. Le ho chiesto di poter accennare a questa sua domanda qui per condividere alcune riflessioni, lo farò chiamandolo Pinco  per rispettarne la privacy.

A te Pinco ho già detto che non posso dire si o no cosi su due piedi perchè non ti conosco abbastanza bene e soprattutto perchè è vero che io so come funziona la psiche umana per via dei miei studi e delle esperienze dirette e non, ma credo che ognuno di noi sia il miglior conoscitore di se stesso, io posso aiutarti a ritrovare quel te stesso che ora si è smarrito. 

Tu sei tu, ma alcune cose che dici sono vissuti di molti di noi, di Lucilla, Paola, Luca, Francesco, Pinco, Pallino, Tizio, Caio, Sempronio e tutta l’umanità chi più chi meno.

Vissuti di persone non più adolescenti, che hanno un vissuto importante, con ferite ancora aperte, a volte cicatrizzate, a volte bene, a volte male, insomma con un bel bagaglio di vita. Questo zaino di esperienze che ci portiamo sulle spalle caro Pinco non possiamo fare finta di non sentirlo ma nemmeno farci schiacciare da quello zaino, e vivere convinti che sia normale avere le spalle curve, forse a volte come stai per fare tu meglio fermarsi per una sosta e guardare cosa c’è in quello zaino… cosa serve, cosa no, cosa tenere, cosa mollare. Certo devi mettere in conto di lasciare andare delle cose, o di scoprirne alcune che nemmeno ricordavi di avere nascoste in qualche tasca interna, ma vuoi mettere il piacere di viaggiare leggeri?

Mi dici “Ho pensato fino a poco fa di non essere interessato all’amore, di non volere nessuno perchè non sono pronto, perchè tanto trovo solo le stronze. E non ho tempo e voglia. Poi un giorno un’amica mi ha detto ma scusa se non vuoi nessuno perchè continui a uscirci con le donne?”.

All’inizio me la sono presa  infastidito da quella frase, poi mi è venuto in mente che a un corso una volta lei dottoressa aveva detto che spesso ciò che ci fa avere reazioni emotive forti in qualche maniera ci tocca, ed eccomi qui a dirle “può essere che io più che non volere relazioni ne sia spaventato?”

Ecco caro Pinco hai detto cose molto importanti che già contengono una risposta, si è vero quando cresciamo non viviamo gli amori come quando siamo adolescenti, e non sto dicendo che gli amori degli adolescenti sono meno degli amori adulti, ma sono amori diversi, noi cosiddetti grandi proprio perchè scottati dalla vita o semplicemente più pieni di esperienze, siamo più restii a buttarci, il nostro cuore si protegge ben benone e direi che questo è più che mai umano. Comprensibile. E a volte anche sano. E saggio! Anche perchè se da grandi magari non si aspettano tanti anni per fare dei progetti insieme proprio perchè l’età incide, vero però anche che fare grandi progetti da subito dopo giorni o settimane senza essersi davvero conosciuti e sotto l’effetto della “droga” chiamata innamoramento, è altrettanto pericoloso e spesso sono scelte dettate più dal bisogno che dal desiderio di migliorare la propria vita con qualcuno.

Quindi… Certo che si può avere paura soprattutto quando ci sono esperienze che hanno lasciato il segno, si ha paura di rifare gli stessi errori, di prendere le stesse sportellate. E se ci siamo costruiti una vita da soli non è così semplice far entrare qualcun altro nella nostra vita, scombussolare gli equilibri, meglio farlo in punta di piedi, da entrambe le parti. Sapendo cosa si vuole.

Si, è umano avere paura di amare e ci vuole onestà e coraggio ad ammetterlo, perchè la realtà forse e dico forse è che se davvero sei in un momento in cui non vuoi nessuno (e momenti cosi  capitano  e a volte sono fondamentali) non crei cosi tante occasioni per conoscere persone. Chi vuole stare da solo sta solo.

Se le occasioni le crei in modo cosi assiduo non vuoi stare da solo davvero. E ci sta. E qui si aprono mille possibilità che potrai esplorare guardandoti dentro… per trovare la tua verità.

Forse non vuoi stare solo, ma nemmeno vuoi stare con qualcuno davvero ora. Forse sei in un limbo tra una parte che vuole lanciarsi e una no, forse conosci persone ma non ti piacciono abbastanza da poter osare di più, e quindi ti fermi a un certo punto (ad esempio mi piacerebbe chiederti in quale momento senti che fai dei passi indietro)…  forse diventa più comodo definire “ tutte stronze le donne”.  Forse ti proteggi senza accorgertene dietro a questa credenza. E allora forse ecco hai alcune credenze tue inconsce e radicate da indagare e modificare  tipo “trovo tutte quelle che non vogliono fare sul serio o vogliono approfittarsene”, “le donne sono tutte uguali” (attenzione alla profezia che si autoavvera tra l’altro!). Perchè caro Pinco se penso che sono tutte stronze uno probabilmente quelle che stronze non sono si guarderanno bene dall’avvicinarsi a uno che pensa ste cose di loro, due se penso questo forse io per primo mi atteggerò con loro in un modo che poco predispone alla conoscenza e all’apertura (torno a ripetere attenzione alla profezia che si autovvera). 

Insomma come tu stesso dici devi fare chiarezza dentro te stesso rispetto a questi temi.

Anche perchè io non ho la sfera magica ma di certo se incontriamo lo stesso tipo di persone sempre e comunque forse senza dito giudicante ma con sguardo di curiosità e amore è bene iniziare a chiederci cosa NOI facciamo o non facciamo per trovarci sempre nelle stesse situazioni. Gli stessi copioni.  Magari ci sono cose del passato non elaborate.

Ed ecco un’altra cosa mi sento di dirtela … forse si hai paura … ma non di amare, hai paura di soffrire.

Ricordiamoci bene che anche chi ama ha paura,  ma sceglie di andare oltre la paura. Forse chi ama nonostante i lividi del passato ha capito che a frenare non può essere una cosa bella come amare, ma la paura di stare male, soffrire. Ha compreso che non vale la pena come disse Yalom “di rinunciare al credito della vita per non pagare il debito della morte”.

Una volta compreso ciò… con tanta onestà in primis verso te stesso puoi chiederti cosa vuoi davvero, cercare di capire e poi scegliere. Perchè siamo sempre responsabili delle nostre azioni e dell’effetto che hanno sugli altri. 

Se fai il cattivo arriva il lupo!

L’importanza della regolazione emotiva nel bambino e nell’adulto che sarà…

 

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  • Cosa piangi a fare?                              Lasciale uscire le lacrime
  • Quando ti arrabbi sei cattivo             Sei moooolto arrabbiato vero!?
  • Arriverà l’uomo nero se ti arrabbi   Cosa possiamo fare con questa rabbia? 
  • Solo le femmine piangono                  Vieni che ti abbraccio

                          

Quanti di noi si sono sentiti dire e magari dicono, senza intenzione negativa, le frasi col pallino per intenderci?

Quanti quelle in corsivo?

Chiudete un attimo gli occhi e provate a pensare a un momento vostro da bambini e anche da adulti, nel quale siete stati tristi o arrabbiati,  e come sarebbe stato o come è stato sentirsi dire le une o le altre, o anche solo ricevere un abbraccio invece di sguardi riprovevoli o parole squalificanti.

Immaginate e soprattutto ascoltate le sensazioni che provate.

Ecco… un invito per voi… Bandite queste frasi quando parlate ai bambini, che siate genitori, baby sitter, insegnanti, figure di riferimento insomma. Quei bambini che saranno gli adulti di domani registreranno quei messaggi come fossero detti sotto ipnosi! Capite bene che impronta possono lasciare sulla capacità o incapacità di gestire o meglio regolare le proprie emozioni?

E perchè noi “psi”facciamo cosi tante spremute di neuroni sul fatto di imparare a gestire le emozioni?

Risposta molto semplice… perchè le emozioni esistono anche se fai finta di non vederle. E le emozioni servono.

Molti di noi  “grandi” fanno fatica a vivere le emozioni proprio perchè spesso l’unico modo in cui siamo stati aiutati dagli adulti è attraverso queste frasi. Se il tipo di regolazione che abbiamo ricevuto è questa chiaramente anche da adulti la porteremo avanti nel dialogo con noi stessi, il punto è che questo tipo di regolazione è più una repressione! Sono fermamente convinta che prima ancora dell’alfabetizzazione classica A B C D E etc etc c’è bisogno di alfabetizzazione emotiva: imparare a dare un nome a ciò che proviamo, è concedersi di sentire,  per riuscire a non reprimere ma nemmeno farsene travolgere. 

Siamo come fiumi, stiamo bene quando non c’è la secca ma nemmeno la piena, bensì un fluire, certo i momenti di secca e piena possono arrivare ma è proprio lì che il precedente lavoro sulla gestione delle emozioni farà la differenza!

Perchè se ho lavorato bene prima, avrò costruito una diga da alzare quando serve acqua e non piove ma anche da abbassare quando l’emozione è troppa, avro’ creato argini forti e sicuri.

Se invece ci siamo solo sentiti dire non si piange, non fare la femminuccia, piangere non serve a niente, se ti arrabbi viene l’uomo nero, o guarda che chiamo la polizia… aiuto! Che messaggi arrivano a un bambino? Uno di essere sbagliato, due di ritrovarsi da solo  in balia di quelle strane e intense sensazioni che lui sente forti nel corpo. Ecco che allora inizio a non sentire più le emozioni, costruisco una bella corazza, per qualcuno sarà una siepe. Per qualcuno una  parete di mattoni. Per qualcun altro carton gesso. Per qualcun altro ancora sarà antisfondamento…  finchè arriverà un evento cosi impattante nella mia vita che mi scuoterà per forza, e a quel punto non avendo lavorato prima su di me, l’emozione mi travolgerà di nuovo riportandomi a credere che è meglio non sentire le emozioni e creando un muro ancora più spesso. Perchè quell’emozione soverchiante mi fa paura e magari mi riporta a quando da bambino ho provato un’emozione così simile, così forte e nessuno mi ha aiutato a contenerla. E una parte di noi torna quel bambino, come se mancasse la parte adulta che se ne prende cura. Perchè nessuno glielo ha insegnato. 

Purtroppo siamo anche figli di questa cultura che ci ha portato e reprimere, a non permetterci di esprimere, anzi nemmeno di sentire a volte. Per cui non sto a colpevolizzare i genitori o chi per loro,  sono molto consapevole che spesso chi ci dice di non piangere è perchè si trova a disagio con  quel tipo di situazione, ma perchè in primis con se stesso non è abituato a viverla

Eppure pensiamo ai poeti, agli scrittori, ai cantanti… fateci caso non sono proprio le cose più emotive che ci toccano e che ci ricordiamo?

Allora forse questo vorrà pur dire qualcosa, allora ognuno di noi nel piccolo può iniziare a dare meno credito alle credenze che ha dentro.  Poi certo ci sono situazioni in cui è bene razionalizzare, momenti in cui dobbiamo stare nell’azione e non nel sentire, ma non può essere una strategia tout court, che applico sempre e comunque perché non ci permette di vivere la vita a 360°,  per non sentire le emozioni scomode smettiamo di sentire anche quelle belle e quindi ovviamente la vita si appiattisce, perde sapore. Anche questo chiaro che non è un cambiamento che basta pensarlo per attivarlo, se abbiamo determinate corazze,  modificarle, ammorbidirle richiede consapevolezza a livello razionale, ma spesso è necessario lavorare a livelli più profondi, includendo il corpo, il respiro e serve tempo, costanza, impegno. Ma il lavoro parte sempre da se stessi. Perchè a quel punto ad esempio se ho iniziato io ad autorizzarmi a poter sentire, se ho smontato almeno le credenze sulle emozioni sbagliate (che magari il lupo non è cattivo e nemmeno ti porta via e non ti mangia!) più facilmente mi circonderò anche di persone che sanno accogliermi in quei momenti, e non di persone che andranno a convalidare il mio muro. In quel momento mi starò dando una possibilità nuova, avrò dato inizio al cambiamento!  Più andiamo in contatto profondo con noi stessi più l’equilibrio tra il sentire troppo le emozioni e il non sentirle arriva in maniera spontanea, partire sempre quindi da un lavoro di centratura su di sè.

Questo lo vedo sia nel lavoro di psicoterapia dove a volte le persone iniziano a sciogliere quel muro versando dopo anni lacrime, lacrime che loro vivono come sbagliate mentre io vedo come grandi traguardi (io stessa le prime volte che piangevo in terapia me ne vergognavo terribilmente, facevo di tutto per nascondermi e cacciarle indietro!) Ma questo succede a volte anche a chi inizia la pratica dello yoga, solitamente nella parte finale dopo aver lavorato sul corpo (che non è mai lavorare solo sul corpo)  c’è il rilassamento, ecco quante persone ho visto emozionarsi e stupirsi di queste emozioni accompagnate da lacrime che finalmente dopo anni sono potute uscire! 

Perchè come dicevo sopra… le emozioni non sempre si vedono ma esistono!

 

 

Amore e (e’) libertà

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“ E’ un viaggio, non una meta

é semplice, non facile

é un volo, non una gabbia

é una scelta, non un obbligo

è un voglio, non un devo

è un “ti vedo”!

E’ l’amaca che lega due alberi

non è il due che diviene uno

è l’uno che ha dentro il due

é la forza del noi

é la libertà dell’io.

E’… che è inutile sentirmi libera senza te.”

Partiamo da questo… l’amore è scelta, la scelta si può dare solo nella libertà, mai nell’obbligo, la scelta stessa è libertà.

Cosa è per te libertà? Inizia a chiederti questo perchè questo come ogni altro valore va calato nel significato che ognuno di noi gli conferisce.

Questa è la prima cosa che devi chiederti tu, perchè se non sai cosa vuoi e quali sono le tue priorità, ti muovi a caso, e se ti muovi a caso difficilmente troverai ciò che ti rende appagato. Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare disse Seneca. Anche per questo credo che la libertà prima ancora che in coppia dobbiamo autorizzarcela noi stessi, la libertà di scoprire chi siamo, i nostri valori, le nostre preferenze, i nostri gusti, passioni, talenti,  i nostri modi di comunicare, “funzionare”.  Infatti se sono pieno di (e quindi non libero da) pregiudizi, status sociale, ciò che penso gli altri si aspettino da me, stereotipi, credenze limitanti, o anche dall’ideale di me stesso che ho costruito, non potrò mai sapere chi sono davvero. Perchè certe mie parti le terrò nascoste!
Ad esempio se la mia credenza (inconsapevole) è che io vado bene e quindi vengo accettato solo se sono perfetto, allora mi mostrerò sempre e solo in quel modo.
E allora guadagnare libertà significa innanzitutto cominciare a pensare che magari esiste anche chi mi vuole bene anche quando mostro altro di me, le parti più scomode o fragili, e poi mettere alla prova nel concreto questa nuova credenza. 

Esempio: se sono una persona che dice sempre si posso iniziare a pensare che verrò accettato anche se dico no, e poi provare a farlo. Osare per credere! È l’azione che crea cambiamento.

Cosa voglio per me? Che tipo di relazione, amicizie, lavoro? Sto vivendo la mia vita o quella che gli altri hanno pensato per me?

Facile? No soprattutto se non abbiamo mai fatto quell’indispensabile lavoro che sull’ Oracolo di Delfi suonava cosi: “conosci te stesso”.

Una volta scoperto chi sei, lavora per diventarlo. E se come sei non è ciò che vuoi, reinventati.

Certo tutto ciò  richiede un lavoro su di sé e a volte anche lungo, che però ci porta a essere più autentici, anche più imperfetti si! Ma meglio imperfetti e veri che copie di noi stessi o maschere che prima o poi cadono e se non cadono pesano.

Il concetto di libertà nella coppia si collega a quanto detto sopra, perchè se non mi conosco, è alto il rischio poi di buttare nella relazione i miei casini non risolti. O di chiedere all’altro di fare il lavoro al posto mio.

Di nuovo libertà nella coppia può avere tanti significati diversi a seconda di ciò che ognuno vive come libertà di coppia.  Non c’è giusto o sbagliato a priori, c’è ciò che è giusto per me. Ma è fondamentale che ci si trovi su questo punto. E parlarne con la persona con cui stiamo. O che stiamo conoscendo. Spesso infatti  si fa l’errore di mettersi con qualcuno preoccupandosi più di  piacere all’altro che di conoscerlo,  capire se piace in primis a noi, se ha delle caratteristiche, dei valori che fanno per noi.

Ma torniamo al tema della libertà… Molti pensano che stare in coppia mini la propria libertà o che la libertà in coppia sia sinonimo di mancanza di rispetto. Niente di più sbagliato!

Libertà non è accettare tutto, o farti andare bene cose che per te sono inaccettabili per paura di perdere l’altro, bensì essere individui liberi di essere se stessi e che non si sacrificano in nome dell’amore.

Capite perchè è cosi importante conoscersi e non avere fretta di trovare qualcuno a caso?

Perchè piuttosto che cercare qualcuno e volerlo far diventare ciò che voglio, o diventare io qualcuno che non sono,  meglio investire tempo a cercare qualcuno che è già come voglio, quanto meno per quanto riguarda le famose priorità.

E qui aggancio l’altra strofa dell’indovinello che ho scritto in apertura: se il tuo obiettivo è la coppia, se il tuo obiettivo è il “noi” a qualunque costo, stai già minando la libertà, stai già rischiando di sacrificare l’io in nome del noi, e il rischio di autocastrazione è alto. 

“Ah ma quindi bisogna essere molto egoisti e superficiali!”

No, non è questo. L’amore non è un giocattolo che butti via quando si rompe. Ma se tu metti lo stare insieme al primo posto, se tu ti fissi sul “per sempre” perdi libertà perchè nel momento in cui non stai più bene ti obblighi a stare in nome di una promessa, in nome di uno status sociale, in nome del fatto che hai paura a stare solo, che è difficile lasciarsi, o che stare insieme fa meno paura dello stare soli, o del non voler deludere gli altri e a volte anche se stessi nell’ammettere che ciò che era non è più.

Sia chiaro, per me amare è si mirare al per sempre, ma come scelta che fai ogni giorno perchè la senti dentro.

“Eh si ma come fai a sentirlo ogni giorno?”

Non esistono garanzie, accettiamo che l’amore può finire, che a volte una storia finisce semplicemente perchè ci si è dati tutto quello che ci si poteva dare in quella storia, e per mille motivi diversi non si ha più la forza, la voglia di impegnarsi li, ma… le possibilità che duri aumentano se innanzitutto scegli qualcuno perché ti piace e non per bisogno, se ti mostri subito per quello che sei e poi se se sei disposto a volerti prendere cura della tua coppia quotidianamente. Ecco allora è più facile riuscire a stare anche quando vorresti fuggire, affrontare le crisi prima che diventino crisi (che poi è un casino ricucire), i momenti di difficoltà, di fraintendimento… la relazione è un lavoro quotidiano! Questa cosa deve essere chiara.

Ma è un lavoro che di nuovo ti chiede di guardare a te stesso in primis, ai tuoi limiti, ai tuoi copioni e schemi appresi e insieme all’altro lasciarti aperta la possibilità di scoprirne di nuovi, più sani e salutari.

Amore è scoprire parti di te che mai avresti immaginato di possedere, come dice Montanari è “lasciarsi trasformare dall’amore stesso”, fare cose che non avresti mai immaginato di fare, perdonare ciò che non avresti mai pensato di perdonare, scoprire aspetti della vita che non avresti mai immaginato di scoprire.

L’amore libero sono due persone che si amano come pazze (non vuol dire avere tutta la vita i poc-corn nello stomaco ma questo lo vedremo in un altro articolo) e decidono di fare un percorso di crescita insieme, finchè stanno bene. In questo senso l’amore è un viaggio e non una meta.

Essere liberi in amore significa mirare al per sempre insieme ma non volerlo a tutti i costi, perchè se lo vuoi a tutti i costi, a volte i costi sono alti!

Il per sempre si ma solo se ci piace, se quando ci svegliamo e guardiamo l’altro lo scegliamo nonostante tutto, questa è libertà non perchè dobbiamo, non perchè la società vuole, non perchè io e te abbiamo l’aspettativa di stare insieme.

Il dobbiamo in amore non esiste.

Io personalmente credo, perchè l’ho imparato anche sulla pelle, che spesso la qualità del tempo è più importante della quantità, meglio 2 anni insieme stando bene che una vita trascinata perchè si deve o perchè si ha paura.

Se l’altro, se la relazione non è più un arricchimento meglio sentirsi liberi di andarsene seppur con dolore. Ma sono anche convinta che una volta acceso il fuoco siamo solo noi che possiamo continuare ad alimentarlo, perchè quando l’energia dell’innamoramento finisce, e prima o poi finisce, ci devi mettere tu del tuo. La tua legna.

Si perchè la libertà comporta la responsabilità!

Se vuoi una bella storia d’amore ci devi mettere impegno, l’amore è un arte come dice Erich Fromm e l’arte non vive di solo talento ma anche di allenamento, pratica, costanza, capacità di prestare ogni giorno attenzione all’altro, alla sua psicologia, a come parli e come ti parla, a come e se lo fai sentire importante.

Non so voi ma tra coppie che stanno insieme e coppie felici io preferisco vedere coppie felici.

Coppie ad alta tensione… proviamo ad abbassare i volt!

Come promesso nel precedente articolo, oggi riporto altre due parti tratte dal libro “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere” di John Gray.
Una doverosa premessa… Non siamo macchine programmabili per cui iniziando ad applicare queste azioni per magia tutto si risolve.
Come già detto questo articolo vuole essere più uno spunto di riflessione, ma il cambiamento è un processo che nasce da una presa di coscienza di sé stessi, della propria storia, delle proprie emozioni. Dalla consapevolezza di come arriviamo ad essere chi siamo e di come “funzioniamo”. Anche in coppia.
Prendere consapevolezza di sé stessi per capire quali parole e comportamenti dell’altro ci attivano ad esempio, innescando in noi delle reazioni forti, di rabbia o tristezza o paura, che se in parte possono essere connesse alle risposte dell’altro, spesso hanno a che fare con il nostro passato inteso sia come precedenti relazioni di coppia ma anche con il nostro attaccamento primario, quel legame che si crea con le figure di accudimento quando siamo bambini.
Il modo in cui esse rispondono ai bisogni del bambino impatta profondamente sull’immagine che il bambino e poi l’adulto costruirà di se stesso come persona più o meno amabile e sull’idea che si creerà degli altri e del mondo come più o meno disponibile ad accoglierlo. E quindi il modo in cui da adulto agirà sarà inconsapevolmente influenzato da tutto questo. Un lavoro profondo, delicato ma fondamentale.

Faccio un esempio: chi è cresciuto in un sistema familiare nel quale l’emozione della tristezza non poteva essere sperimentata ed espressa perché ritenuta un segno di fragilità, davanti al proprio partner che esprime tristezza potrebbe rispondere con irritazione. Così come chi ha imparato che la rabbia è pericolosa, davanti al partner arrabbiato, potrebbe provare paura, bloccarsi o ritirarsi. In entrambi i casi non ci sono vinti o vincitori, tutti perdono, nessuno viene accolto nelle sue emozioni e l’isolamento, il ritiro diventano una forma di protezione dal dolore ( Puliatti M., Minton K., 2008).

Detto ciò per coppie che già viaggiano bene ma vogliono curiosare ancora un po’ o sperimentarsi ecco cosa dice John Gray sempre con quel bel mix di serietà e ironia.

Come la donna può “segnare punti” col suo uomo:

  1. Lui commette un errore e lei non reagisce dicendo “Te l’avevo detto” né gli offre consigli.
  2. Lui la delude e lei non lo punisce.
  3. Lui si smarrisce quando è al volante e lei non attribuisce troppa importanza all’accaduto.
  4. Lui si perde e lei riesce a vedere il lato positivo della situazione; esempio: “Se avessimo preso la strada più veloce non avremmo potuto ammirare questo splendido tramonto”.
  5. Quando lui dimentica di comprare qualcosa gli dice: “Nessun problema. Potresti occupartene la prossima volta che esci?”
  6. Lui se ne dimentica di nuovo e lei insiste con fiduciosa pazienza: “Nessun problema. La prossima volta?”
  7. Quando si rende conto di averlo ferito, si scusa e gli dà l’amore di cui lui ha bisogno.
  8. Non si sente ferita se lui le nega il suo aiuto; pensa che lui l’avrebbe accontentata se solo gli fosse stato possibile. Non lo respinge né lo disapprova.
  9. Sollecita ancora una volta il suo aiuto e ancora una volta lui lo rifiuta. Non lo fa sentire dalla parte del torto, ma accetta i suoi limiti.
  10. Gli chiede sostegno senza mostrarsi esigente quando lui ritiene che il punteggio è più o meno pari.
  11. Gli chiede sostegno senza mostrarsi esigente anche quando è turbata o quando lui è consapevole che è lei che sta dando di più.
  12. Quando lui si chiude in se stesso non lo fa sentire in colpa.
  13. Quando lui emerge dalla caverna, gli dà il bentornato e non lo punisce né lo respinge.
  14. Quando lui si scusa per un errore, riceve le scuse dimostrandogli disponibilità al perdono.
  15. Se rifiuta di fare qualcosa per lui, non lo costringe ad ascoltare l’elencazione dei motivi per cui non può farlo.
  16. Quando lui le chiede di fare qualcosa, acconsente senza perdere il suo buonumore.
  17. Se lui vuole rappacificarsi dopo un litigio e comincia a fare piccole cose per lei, è pronta a dimostrargli nuovamente il suo apprezzamento.
  18. È felice di vederlo tornare a casa.
  19. Nei momenti di dissenso, invece di esprimere la sua disapprovazione, va in un’altra stanza e non ne esce finché la sua disposizione non è migliorata.
  20. In situazioni particolari non tiene conto degli errori di lui che normalmente la turberebbero.
  21. Apprezza sinceramente di fare l’amore con lui.
  22. Se dimentica dove ha messo le chiavi, non lo guarda come se lo ritenesse un irresponsabile.
  23. Quando escono insieme, esprime con tatto e garbo la sua eventuale delusione riguardo a uno spettacolo cinematografico o teatrale.
  24. Non gli dà indicazioni quando è al volante o deve parcheggiare e una volta a destinazione gli mostra il suo apprezzamento.
  25. Gli chiede sostegno piuttosto che soffermarsi sui suoi errori.
  26. Gli esterna i suoi sentimenti negativi senza rimproverarlo, rifiutarlo o disapprovarlo.

E ora come un uomo può “segnare punti con la sua donna” (chissà come mai sono circa il doppio… Bé accettiamo di essere più complesse, ho detto complesse non complicate!)

  1. Tornando a casa, per prima cosa cercatela e abbracciatela.
  2. Esercitatevi ad ascoltare e a fare domande.
  3. Resistete alla tentazione di risolvere i suoi problemi… assumete invece un atteggiamento comprensivo
  4. Regalatele dei fiori e non solo in occasioni di compleanni e anniversari.
  5. Complimentatevi con lei per il suo aspetto.
  6. Offritevi di aiutarla quando è stanca.
  7. Quando sapete che farete tardi, telefonatele per avvisarla.
  8. Quando vi chiede aiuto, rispondetele di sì o di no senza farla sentire in colpa per la sua richiesta.
  9. Quando vi parla, posate il giornale o spegnete la TV e concedetele la vostra piena attenzione.
  10. Quando uscite, domandatele se ha bisogno di qualcosa e non dimenticate la commissione che evenualmente vi affiderà.
  11. Abbracciatela spesso nel corso della giornata.
  12. Telefonatele dal posto di lavoro per chiederle come sta o per comunicarle qualcosa di eccitante, opure semplicemente per dirle: “Ti amo.”
  13. Ditele “Ti amo” almeno un paio di volte al giorno.
  14. Rifate il letto e riordinate la camera.
  15. Se è lei che lava le vostre calze, rovesciatele al diritto, in modo che non sia obbligata a farlo lei.
  16. Tenete d’occhio la pattumiera e offritevi di andare a vuotarla quando è piena.
  17. Quando siete fuori città, chiamatela per lasciarle un recapito e farle sapere che siete arrivato.
  18. Lavate la sua auto.
  19. Lavate la vostra e pulite l’interno prima di uscire con lei.
  20. Lavatevi prima di fare l’amore o, se le piace, mettete un po’ di acqua di colonia.
  21. Spalleggiatela quando è irritata con qualcuno.
  22. Qualche volta coccolatela e mostratevi affettuoso con lei anche se non pensate di fare l’amore.
  23. Mostratevi paziente quando vi parla di sé. Non continuate a guardare l’orologio.
  24. Non cambiate continuamente canale quando guardate insieme la televisione.
  25. Dimostratele il vostro affetto anche in pubblico.
  26. Quando vi tenete per mano, non lasciate cadere inerte la vostra.
  27. Procuratevi i biglietti per il teatro, per l’opera, per il balletto o per qualunque altro tipo di spettacolo che piaccia a lei.
  28. Mostratevi comprensivo quando è in ritardo o decide di cambiare vestito all’ultimo momento.
  29. In compagnia, prestate più attenzione a lei che agli altri.
  30. Fatela sentire più importante dei figli. Fate in modo che i bambini vedano che è lei la prima a ottenere la vostra attenzione.
  31. Portatele piccoli regali… una scatola di cioccolatini o un profumo e così via.
  32. Nelle occasioni speciali scattatele qualche foto.
  33. Programmate brevi fughe romantiche a due.
  34. Quando alloggiate in un albergo, ordinate qualcosa di speciale, come una bottiglia di champagne o dei fiori.
  35. Scrivetele un biglietto o usatele qualche altra piccola attenzione nelle occasioni speciali, quali anniversari e compleanni.
  36. Sorprendetela con un biglietto affettuoso o una poesia.
  37. Comportatevi con lei come facevate i primi tempi del vostro rapporto.
  38. Offritevi di effettuare qualche piccola riparazione in casa. Dite: “C’è bisogno di riparare qualcosa? Ho un po’ di tempo libero.” Ma non accollatevi più incombenze di quante ne possiate espletare.
  39. Tenetele aperta la porta.
  40. Offritevi di portare le borse della spesa.
  41. In viaggio, occupatevi del bagaglio e provvedete a caricarlo in macchina.
  42. Mostratevi interessato alla sua giornata, ai libri che legge, alle persone che vede.
  43. Se è stanca, offritevi di prepararle una tazza di tè.
  44. Mostratevi divertito dai suoi scherzi e dalle sue battute.
  45. Ringraziatela quando fa qualcosa per voi.
  46. Non trascurate di notare che è andata dal parrucchiere e complimentatevi con lei.
  47. Inventate occasioni per restare soli con lei.
  48. Non rispondete al telefono nei momenti di intimità o quando lei vi sembra particolarmente vulnerabile.
  49. Mostratele che avete sentito la sua mancanza dopo un distacco.
  50. Chiedetele di completare questo elenco.

Ci tengo ancora a sottolineare di non prenderle come cose che basta fare per risolvere tutto, anche perché in primis per stare bene abbiamo bisogno di sperimentare coerenza tra ciò che pensiamo, facciamo, sentiamo. Non posso dire “amore va tutto bene” e poi dentro vorrei mandarti a quel paese… Questo non è autentico quindi non sano né per noi stessi né per la coppia… Ma ho già spiegato sopra il concetto.

Per chi volesse comprendere da quali studi e aspetti di diversità biologica derivino questi suggerimenti riconsiglio la lettura del libro (che si trova anche on Line gratuitamente dato che in questo momento non si esce se non per cose indispensabili).

Concludo con questa considerazione: qualche volta ricordate ciò che facevate per l’altro quando volevate conquistarlo, corteggiarlo… E continuate a fare quelle cose! Ognuno trovi le sue, le liste sopra sono esempi da cui ognuno può prendere ciò che più gli risuona e adattarlo alla propria persona! Senza pretendere ne’ dall’altro ne’ da se stessi di diventare ciò che non si è.

Ogni relazione è come un fuoco… servono due pietre per accenderlo e una volta acceso bisogna tener messa la legna perché resti vivo.

Ognuno trovi la propria legna!

Sara

Coppie… Ad alta tensione

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” Per litigare bisogna essere in due, per troncare una lite è sufficiente l’intervento di uno solo.”

La vignetta è provocatoria. Si. Ma rende l’idea. In questi giorni alcune persone mi hanno espresso preoccupazione per un aumento di tensione e irritazione  verso il proprio partner, chiaro parlo di coppie che viaggiano bene, dove di base c’è già una buona sintonia, ma che in questo scombussolamento vedono emergere o aumentare difficoltà e tensioni.

Partiamo dal presupposto che in un momento del genere è facile essere più tesi, irritati, preoccupati e quindi poi sfogarsi con le persone che abbiamo più vicine e il cui amore è per noi una garanzia (anche quando mostriamo le parti peggiori); mettiamoci anche il fatto che stiamo vivendo in una situazione di costrizione dove appunto le abitudini e la routine si sono ribaltate per molti, dove magari si è costretti a stare con l’altro anche quando si ha il sano bisogno dei propri spazi e magari non tutti possono concederselo anche per i limiti di una casa piccola. Insomma è facile vivere up and down emotivi. Da tutto ciò ho preso spunto per riprendere alcuni passaggi del libro “Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere” di John Gray (libro che suggerisco a tutte le coppie di leggere)… magari da leggere insieme (ok uomini non maleditemi! ) e magari prima di essere già da troppo tempo in crisi. Non perché le crisi non siano sanabili o sane, ma perché quando sono già troppo avanti spesso il rischio è che l’amore sia già appassito o che i livelli di rabbia, rancore, risentimento siano così alti da essere al punto di non ritorno.
Detto questo riprendo alcune citazioni del libro che pur essendo scritto con ironia e leggerezza si fonda su studi scientifici il cui sunto è questo: siamo DIVERSI, e avere assetti ormonali diversi e aree del cervello sviluppate differentemente porta a bisogni diversi e modi diversi di gestire stress, relazioni, comunicazione.

“Un uomo è in grado di affrontare la delusione di una donna, ma se questa viene espressa con disapprovazione o rifiuto, si sente ferito”.
Traduzione: imparate ad apprezzare ciò che l’uomo fa per voi, non è per nulla scontato che debba scaricare le casse d’acqua dalla macchina. O aggiustare qualcosa. Se lo fa mostrate gratitudine!
L’uomo ha bisogno di sentirsi indispensabile, d’aiuto. Apprezzato.  E quando muovete una critica fatelo in maniera “ecologica”, partite da un apprezzamento, ricordate all’altro che lo amate ma una cosa che ha fatto o detto non vi è piaciuta (non critico ciò che SEI ma ciò che FAI).

“Nell’uomo il linguaggio è localizzato solo nell’emisfero sinistro; dato che possiede un minor numero di centri specializzati, non solo ha maggiore difficoltà a esprimere quello che sente ma non ne avverte nemmeno la necessità.”

Traduzione: donne, un uomo che non parla non è un uomo che non vi ama, questo non significa che non ci debba essere dialogo, anzi la mancanza di comunicazione è tra le prime cause che portano a rotture e problemi (forse a pari merito con il mancato taglio del cordone ombelicale dalla famiglia di origine), ma se il cervello femminile è strutturato per comunicare ed esprimere sentimenti così non è quello maschile!

QUINDI…

“L’esigenza di solitudine dell’uomo quando torna a casa e si chiude nella sua tana serve per ripristinare i livelli di testosterone che a fine giornata sono inevitabilmente calanti” .
Collegandomi a quanto detto sopra, accettare il “bisogno di caverna” di un uomo e il suo buttarsi a volte in attività distraenti non significa rinunciare alla necessità di parlare.
Significa invece rinunciare alla pretesa che lui sia “sempre” pronto ad ascoltare. Non solo, sempre la differenza nell’area della comunicazione/linguaggio mi porta a ricordare questo… Donne
imparate a chiedere.  Pensare che gli altri possano leggervi nella mente, o interpretare i vostri bisogni o i segnali che mandate è un gioco pericoloso. Se dico “stasera sono stanca” non posso pensare che nel cervello dell’altro questa informazione si traduca in “lava tu i piatti”. Ma posso essere io a dire “stasera sono stanca puoi lavare tu i piatti per favore?”.

Spesso molte persone sono erroneamente portate a credere che il gesto di qualcuno fatto in risposta a una richiesta esplicita abbia meno valore rispetto a un gesto inaspettato e spontaneo… questo è un pensiero che si basa sulla pretesa e il bisogno di mettere alla prova l’amore dell’altro … Prendiamo invece esempio dai bimbi o dagli animali: il mio cane quando vuole una coccola mica sta a guardarmi, viene e se la prende, così fanno i bambini, ti vengono vicini, tendono le braccia, si siedono in braccio… Sono chiari! Perché non hanno dubbi sul fatto di essere amabili!
Nel concreto questo cosa significa? Che se sono stanca e non ho voglia di fare una mansione che di solito faccio io, lo chiedo: ” sono stanca/triste/arrabbiata, per favore puoi… (Ognuno metta il suo). Proseguiamo:

“Mi avvicinai e in silenzio la strinsi a me. Lei pianse tra le mie braccia. Dopo qualche minuto mi ringraziò per non averla lasciata. Mi disse che sentirmi vicino era tutto quello di cui aveva bisogno.”
Bene veniamo a voi cari uomini …
L’uomo può imparare a evitare commenti che critichino lo stato d’animo femminile.
Credetemi che quando date ascolto a una donna state già soddisfacendo i suoi bisogni, la state aiutando, rispondendo al suo bisogno più importante, sentirsi amata e ascoltata (ricordate il discorso sulle diverse aree del linguaggio?).

“Di solito le liti degenerano quando l’uomo minimizza involontariamente i sentimenti provati dalla donna, che a quel punto reagisce disapprovandolo.”

E… L’uomo disapprovato si sente inutile, quindi si rintana, quindi la donna lo cerca per parlare sentendosi non amata, ma l’uomo in quel momento non riesce ad ascoltare, la donna si arrabbia ancora di più… E via così in una spirale senza fine. Aiuto si salvi chi può! Infatti se l’uomo ha bisogno di regolare il testosterone per diminuire lo stress e lo fa isolandosi, la donna per gestire il suo distress ha come ormone chiave l’ossitocina che viene stimolata in tanti modi, indovinate un po’ qual è uno di questi? Parlare ed essere ascoltata! Le chiacchiere tra amiche non sono solo chiacchiere, viva le amiche e i caffè con le amiche sono dei veri e propri regolatori ormonali!  Ma ce ne sono altri: il contatto fisico (un abbraccio o una carezza del proprio uomo a volte sono più potenti ancora della parola), le dimostrazioni anche piccole di affetto (oggi il mio compagno è tornato con l’uovo di Pasqua ed ero felice come una bambina) e i complimenti. Ricordare alla vostra donna quanto è bella la fa sentire amata, e soddisfa davvero un suo bisogno di base, alza i suoi ormoni del benessere. Non è questione di capricci. 

Ora ovviamente comprendere queste differenze è indispensabile ma non basta. Capire è importante perché ci permette di entrare nei panni dell’altro e avere presente che magari l’altro non è che lo fa apposta ad attuare determinati comportamenti, però poi è chiaro che il passo successivo è agire. Agire significa secondo me una sola cosa: trovare il compromesso, partendo sempre dall’ amore, cioè partendo dal presupposto dentro di noi in primis che io provo amore per l’altro, e l’altro per me. E che se ti sto comunicando delle cose, non è per far valere le mie ragioni ma perché ci tengo a te, a noi.
Perché voglio stare bene e farti stare bene.

Il compromesso è figlio del noi. Solo il noi dà vita alla possibilità del compromesso.

Non solo, prima di rivolgervi all’altro chiedetevi se lo stesso modo in cui state per farlo con lui/lei a voi piacerebbe riceverlo, imparate a chiedere più spesso all’altro “cosa posso fare per farti stare meglio, per migliorare la tua giornata?”. Torniamo a chiedere più spesso a chi abbiamo accanto “come stai?”.

Il potere delle piccole cose importanti.

Nella prossima “puntata” riporterò il simpatico decalogo che lo scrittore ha creato su come uomini e donne possono “segnare punti” con l’altro.

Buon allenamento!

E mi raccomando mantenete sempre l’attenzione al cuore, qualunque cosa facciate o diciate portatevi lì. Partite da lì.

 

 

 

 

 

Genitori che restano genitori: come aiutarsi e aiutare i figli dopo la separazione

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Le separazioni negli ultimi anni sono aumentate. E’ quindi importante che aumentino anche le informazioni e gli strumenti che i genitori hanno a disposizione per gestire al meglio questo momento, piccoli grandi faticosi accorgimenti, comportamenti che possono fare la differenza nel rendere i propri figli e quindi anche se stessi, il più sereni possibile in questo delicato processo. Si perché la separazione non è un evento,  ma un processo fatto di fasi e che richiede tempo e impegno per essere elaborato e trasformato in un nuovo equilibrio. Tempo soggettivo sicuramente si, e che varia da situazione a situazione. Ma pur sempre un processo.

Partiamo dal presupposto che per quanto ogni figlio vorrebbe vedere i propri genitori insieme e felici, tranne in rari casi di violente liti, il fatto che le separazioni siano diventate qualcosa di più comune già di per sé aiuta poiché è una realtà condivisa e i bambini non si sentono cosi strani o diversi come poteva essere anni fa quando il solo fatto di essere “figli di separati” era (quasi) uno stigma! Oggi ne possono parlare più facilmente e vedere anche nell’esperienza di altri che la vita dopo non è poi cosi male.

Sebbene per un bambino all’inizio la separazione sia un evento che genera tristezza, a volte tragico poiché la vita non sarà più come prima dopo che mamma e papà si saranno divisi, questo non significa che saranno infelici per sempre! Soprattutto se i genitori adottano alcuni comportamenti e sono consapevoli di alcuni aspetti fondamentali e che richiedono certamente impegno e fatica: un genitore che si sta separando è un essere umano che sta vivendo un momento di profondo cambiamento, emotivamente intenso, è quindi comprensibile vivere momenti in cui è difficile canalizzare le energie e le attenzioni al bambino come si vorrebbe.

A maggior ragione quindi credo sia importante definire alcune linee guida che senza voler essere dogmi o regole ferree possano essere e diventare spunti di riflessione e che costituiscono dei veri e propri fattori protettivi.

Ma vediamo prima di tutto cosa si intende per fattori protettivi.

I fattori protettivi sono “caratteristiche, eventi o processi che riducono la probabilità che insorga una patologia. Tali fattori possono tutelare gli equilibri psicologici e comportamentali di un individuo esposto a situazioni di rischio, attenuando l’impatto delle condizioni di rischio, o modificando la risposta dell’individuo a situazioni che predispongono ad esiti maladattivi e patologici” (Regogliosi, 1998; Rutter,1990).
Possono essere fattori riguardanti la persona (fattori personali) o relativi all’ambiente in cui questa vive e cresce (fattori ambientali).

In questo articolo mi soffermerò sui fattori protettivi ambientali che in questo caso specifico sono riferiti ai genitori, a quali comportamenti, modalità, pensieri che essi attuano possono per l’appunto far si che la separazione permetta comunque ai figli di crescere bene e diventare adulti felici e soddisfatti.

Ecco quali sono questi fattori come ben spiegano K. Koch e C. Strecker, psicoterapeuta il primo, giudice  e mediatore familiare il secondo nel loro libro “Mamma e papà si separano. Consigli psicologici e pratici per affrontare la separazione e spiegarla ai propri figli”:

  • Affidabilità: anche dopo la separazione mamma e papà devono rimanere genitori affidabili, sulla cui cura i figli possono contare. Nel concreto questo significa innanzitutto ricordarsi di continuare a essere genitori anche se non si è più compagni di vita e riorganizzare il prima possibile nel concreto la quotidianità in modo che il bambino si senta al riparo e abbia un senso di prevedibilità e controllo sulla sua realtà, una routine.
  • Evitare la svalutazione reciproca: questo non significa rimandare al bambino un’immagine bucolica del rapporto dopo la separazione ma evitare litigi accesi e offese. A volte tra genitori può essere utile esplicitare questo intento, questo accordo, dirselo e “prometterselo” a voce alta come una sorta di patto.
  • Evitare di viziare i figli: questo se inizialmente può placare eventuali sensi di colpa, è una soluzione solo apparente e momentanea. Meglio che il genitore anche e soprattutto quello che lascia la casa, continui ad avere un ruolo autorevole, coerente e responsabile dando nel concreto regole e ponendo limiti. Studi recenti mostrano che i figli si aspettano proprio questo!
  • Elaborare i sensi di colpa: il senso di colpa non è sempre sbagliato, denota empatia, attaccamento, compassione e senso di responsabilità. Spesso infatti l’eccessivo distacco emotivo dopo una separazione, è connesso all’incapacità di affrontare ciò che è successo. Nonostante ciò comunque i sensi di colpa sono poco utili, innanzitutto perché non porteranno a cambiare la situazione o cancellare ciò che è successo o la decisione presa. Inoltre tenete presente che i figli percepiscono le insicurezze nei genitori. E se come spesso accade al senso di colpa si associa un calo dell’autostima questo è ancora più difficile da tollerare per un figlio! Cioè è difficile per lui accettare che proprio i loro genitori non si accettino o si ritengano cattive persone, poiché voi siete gli adulti di riferimento più importanti in cui cercano stabilità e una base sicura.
  • Non trattare i figli come partner: questo desiderio è spesso condiviso in modo inconsapevole anche dai figli che desiderano prendersi  cura del genitore rimasto solo, arrivando anche a prendere il posto della mamma e del papà nel lettone. E’ assolutamente importante che i genitori traccino un confine tra i loro interessi e quelli del figlio, che a maggior ragione non deve diventare il confidente del genitore a cui raccontare delle nuove relazioni.
  • Rivolgere lo sguardo al futuro con ottimismo: lo sguardo dei genitori dovrebbe essere rivolto al futuro e non bloccato nel passato e sul pensiero dell’ex coniuge.  E’ importante trasmettere ai figli una visione ottimistica del futuro.  E’ controproducente parlare di come era bello prima, focalizzarsi solo sul dolore o di come è difficile adesso. Certo molto arduo da fare poiché spesso subentrano desiderio di vendetta, rabbia, o profonde ferite ma i genitori dovrebbero fare in modo che i figli non vengano coinvolti.  Rispetto all’ottimismo e la fiducia nelle relazioni un altro aspetto particolarmente importante consiste nel trasmettere ai figli l’idea che separarsi non è un destino inevitabile. Condividere questo, cioè che ci sono coppie che funzionano e sono felici,  è molto importante. E’ un discorso che se è impossibile o comunque molto difficile fare poco dopo la separazione, è bene riprendere quando la situazione si è stabilizzata sui nuovi equilibri. A volte sarà proprio attraverso la vita nuova e felice che il genitore crea che questo messaggio verrà trasmesso, ma a prescindere da questo sono parole importanti a dire, soprattutto ai figli adolescenti che in questa fase sognano la prima storia d’amore.
  • Trasmettere ai figli una buona autostima: sin da quando si decide la separazione sottolineare ripetere al bambino che lui non ha colpe, che gli vorrete sempre bene. Apprezzate ciò che fa, accettando magari anche un calo nel rendimento scolastico.
  • Collaborare: per i bambini è particolarmente importante vedere che i genitori riescono a collaborare anche se si sono separati.
  • Ricorrere a un supporto quando serve: durante e dopo la separazione è normale vivere un periodo di fragilità psicologica che come spiegato sopra può rendere difficile riuscire anche a esserci sempre  nel migliore dei modi per i figli. Perdonarsi e accettare queste mancanze, e allo stesso tempo chiedere sostegno sia ad amici che parenti o il supporto professionale di uno psicologo se non si è in grado di gestire la nuova situazione.

I genitori sono un modello per i figli ed è importante che questi si sentano in buone mani.